Se una parte del contratto non adempie alle proprie obbligazioni, l’altra parte, quella adempiente, cosa può fare per tutelarsi?
Può fare diverse cose:
a) può chiedere l’adempimento del contratto, mantenendo in vita il contratto originario (art. 1453);
b) può rifiutarsi di eseguire la propria prestazione in presenza dell’inadempimento dell’altra parte, o fino a quando perdura l’inadempimento dell’altra parte, in questo modo il contratto rimane in vita fino a quanto una delle parti non chiede la risoluzione del contratto (art. 1460);
c) può chiedere la risoluzione del contratto per l’inadempimento.
Azione di manutenzione
Nel primo caso con l’azione di adempimento, detta anche azione di manutenzione del contratto, si vuole conservare il negozio giuridico e si propone una domanda giudiziale di condanna all’esecuzione delle prestazioni cui è obbligata la parte inadempiente.
In caso di esito vittorioso, l’attore avrà il titolo per ottenere quanto è oggetto dell’obbligazione e il contestuale risarcimento del danno subìto a causa del ritardo nell’adempimento mentre sarà a sua volta tenuto, da un lato, a ricevere la prestazione di controparte e, dall’altro, ad eseguire la prestazione dovuta qualora, ovviamente, non abbia già provveduto ad adempierla.
Presupposti per l’esercizio dell’azione sono, evidentemente:
– la presenza di un contratto a prestazioni corrispettive;
– il ritardo nell’adempimento della prestazione;
– la concreta ed attuale possibilità di adempiere l’obbligazione.
Se, infatti, per effetto del ritardo l’adempimento non fosse più possibile o il contraente avesse perso l’interesse ad ottenerlo, la possibile soluzione sarebbe la risoluzione del contratto, che determinerebbe la cessazione del vincolo contrattuale.
Eccezione d’inadempimento
Nei contratti con prestazioni corrispettive, in cui le prestazioni dovute dalle parti sono tra loro connesse al punto che l’una costituisce il corrispettivo dell’altra, come ad esempio nella compravendita, ciascuno dei contraenti può, in virtù dell’art. 1460, rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione se l’altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria, a meno che accordi tra le parti o la natura del contratto non suggeriscano diversamente.
Si tratta dell’”eccezione d’inadempimento”, considerato mezzo di autotutela utilizzato soprattutto nella fase esecutiva del contratto qualora non si desideri lo scioglimento del vincolo contrattuale.
Tale rimedio può, tuttavia, essere usato anche in sede processuale per paralizzare la domanda di adempimento o la domanda di risoluzione per inadempimento.
Come evidenziato, l’eccezione d’inadempimento permette alla parte di sospendere l’esecuzione della propria prestazione e quindi sarà utilizzabile sono qualora non sia stata eseguita la propria prestazione.
Ovviamente tale sospensione deve essere fondata. Il rifiuto della prestazione, totale o parziale, deve essere «proporzionale» all’inadempimento e non è possibile opporsi all’esecuzione se il rifiuto è contrario alla buona fede.
Risoluzione del contratto
L’ultimo strumento a disposizione del creditore è chiedere al giudice la risoluzione del contratto se il perdurare dell’inadempimento fa perdere la fiducia nell’altro contraente o l’interesse per la sua prestazione.
Vi sono tuttavia dei limiti previsti dall’art. 1453: se è chiesto l’adempimento si può sempre chiedere poi la risoluzione, ma se è stata chiesta prima la risoluzione non è poi più possibile chiedere l’adempimento.
Altro aspetto da considerare è che per aversi risoluzione è necessario l’elemento della colpa in capo al debitore, che costituisce anche presupposto per poter richiedere il risarcimento del danno subito, sempre che si sia effettivamente verificato.
Comunque, se l’inadempimento è dovuto in parte anche ad una responsabilità del creditore, il risarcimento del danno sarà diminuito proporzionalmente.
Perché il contratto possa risolversi è anche necessario che l’inadempimento sia rilevante e a tal proposito l’art. 1455 c.c. dispone che: “il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza avuto riguardo all’interesse dell’altra”.
Qualora ricorrano tutti i presupposti e la richiesta abbia esito positivo, la sentenza eliminerà il vincolo contrattuale, con efficacia retroattiva tra le parti, obbligandole a restituire quanto hanno ricevuto. Tale effetto non si verifica nel caso di risoluzione dei contratti ad esecuzione continuata o periodica, per cui restano salve le prestazioni già eseguite.
In ogni caso la risoluzione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi.
Commenta tramite Facebook