Hai concluso un contratto ma, dopo la firma, ti sei reso conto che alcune clausole sono per te particolarmente svantaggiose?
E’ possibile che in alcuni casi tali clausole non abbiano effetto!
Questo può succedere quando il generico richiamo a tutta una serie di condizioni non ti abbia consentito di accorgerti del loro effettivo significato. In questo caso, come conferma la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, tali clausole possono essere ritenute prive di efficacia.
Prima della stipula di un contratto vi è tutta una serie di trattative fra le parti volte a determinare quale sarà il contenuto dell’obbligazione che queste si impegneranno a rispettare. In questa fase, spesso, accade che una delle due parti ha più potere contrattuale dell’altra; in genere è proprio questa parte che predispone il contratto con le relative clausole che l’altra parte si limita a sottoscrivere. In questi casi, il rischio è che il cosiddetto contraente debole venga sfavorito e si debba accollare condizioni contrattuali favorevoli all’altra parte.
Il nostro ordinamento contrasta fortemente queste situazioni e lo fa limitando la portata delle cd. clausole vessatorie. Sono tali quelle clausole che determinano a carico del contraente debole uno squilibrio dei diritti e obblighi che derivano dal contratto. Esse sono disciplinate all’articolo 1341 comma 2 del codice civile che così recita: “In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto, o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria”. Dunque, queste clausole particolarmente sfavorevoli per una parte, vanno approvate specificamente per iscritto per essere valide. Tuttavia, spesso, nei contratti queste clausole vengono richiamate solo in blocco e in modo generico. Se lo scopo della norma richiamata è quello di tutelare il contraente debole, facendo sottoscrivere a costui un determinato numero di clausole in blocco, l’interesse tutelato dalla norma viene violato: l’attenzione del contraente debole, infatti, in tal caso non viene riposta in modo adeguato sulle condizioni a lui più sfavorevoli, ma ne viene fatto solo un generico e sbrigativo richiamo che può indurlo in errore.
Recentemente la giurisprudenza di merito (cfr. Tribunale Reggio Emilia, sez. II, 24/04/2018 n. 623) si è espressa in proposito confermando il consolidato indirizzo della Suprema Corte secondo cui: “non integra il requisito della specifica approvazione per iscritto ex art. 1341 comma 2 c.c. il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto o di gran parte di esse, comprese quelle prive di carattere vessatorio, e quindi la loro sottoscrizione indiscriminata, poiché con tale modalità non è garantita l’attenzione del contraente debole verso la clausola a lui sfavorevole, in quanto ricompresa tra le altre richiamate: trattasi infatti di una modalità di approvazione della clausola vessatoria tale da rendere oggettivamente difficoltosa la percezione della stessa, giacché la genericità di tale riferimento priva l’approvazione della specificità richiesta dall’art. 1341 c.c., in quanto la norma richiede non solo la sottoscrizione separata, ma anche la scelta di una tecnica redazionale idonea a suscitare l’attenzione del sottoscrittore sul significato delle clausole specificamente approvate” (Cass. n. 9492/2012, Cass. n. 2970/2012, Cass. n. 24262/2008, Cass. n. 5733/2008, Cass. n. 7748/2007).
Dunque, ciò significa che un generico richiamo in blocco di tutte queste clausole vessatorie ne esclude la validità e le priva di efficacia anche se sono state munite di duplice sottoscrizione.
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